Le lesioni muscolari rappresentano un disturbo molto frequente nell’ambito dello sport, con un’incidenza variabile dal 10% al 30% di tutti i traumi nell’attività fisica, non agonistica e agonistica di tutti i tipi.
In linea generale, la lesione muscolare viene definita come un danno verificato a livello del tessuto muscolare, in seguito a un trauma
L’entità del danno muscolare è direttamente proporzionale con l’intensità dell’azione incidente e con le caratteristiche del muscolo o fascia muscolare d’interesse (la condizione di contrazione/rilassamento al momento del trauma e le caratteristiche anatomiche del muscolo coinvolto).
Le alterazioni del tessuto muscolare riguardano la sua forma, struttura e funzionalità: in clinica medica, la classificazione delle lesioni muscolari prende in considerazione
Al fine di stabilire una definizione universalmente condivisa tra tutti gli operatori sanitari specializzati nell’ambito sportivo, è stata adottata e pubblicata la Classificazione di Monaco: uno dei sistemi di maggiore consenso in letteratura scientifica, ampiamente approvato e condiviso tra diversi esperti internazionali nello sport (Comitato Olimpico Internazionale (CIO), Unione delle Associazioni Calcistiche Europee (UEFA) ed a.)
Secondo la Classificazione di Monaco, le lesioni muscolari si suddividono in
Nella letteratura scientifica sono presenti diverse classificazioni delle lesioni muscolari, stilate in base ai segni clinici e sintomi rilevati in anamnesi nonché ai risultati dell’imaging diagnostico (ecografia, TC, RMN); una delle prime è la Classificazione di Rodineau e Durey (in base alle rilevazioni ecografiche)
La classificazione delle lesioni muscolari proposta da American Medical Association (Craig, 1973) prevede 3 livelli di gravità:
La classificazione più utilizzata nella pratica medica per le lesioni muscolari dovute a traumi indiretti ne prevede la suddivisione in base ai criteri anamnestico, anatomo-patologico e di immagistica diagnostica:
Lo strappo di terzo grado, le rotture subtotali o totali (avulsioni tendinee -Tipo 4) si presentano con dolore sordo e opprimente esacerbato da un movimento specifico; con immediata alterazione funzionale dell’unità muscolo-tendinea coinvolta (impossibilità al movimento); alla palpazione è possibile rilevare l’interruzione – la rottura – delle fibre muscolari; compaiono rapidamente edema ed ematoma.
Un sistema di classificazione più generale, basato sulla sede anatomica-fisiologica della lesione include i danni a carico dei tendini:
I segni e i sintomi che possono presentarsi in seguito ad una lesione muscolare sono diversi e variano con l’entità della lesione stessa, la localizzazione del danno subìto e la capacità di percezione della persona.
I sintomi più frequenti della lesione muscolare sono
Tra i principali indici dell’entità nelle lesioni muscolari è il grado di compromissione della matrice extracellulare (ECM o MEC): l’impalcatura che sorregge e sostiene il tessuto muscolare, intermedia il passaggio di segnali e sostanze nutrienti nel muscolo, interviene nella regolazione delle funzioni di contrazione e rigenerazione delle cellule muscolari, influenza la risposta all’infiammazione e molto altro.
Con la compromissione della ECM vengono alterate le capacità di trasmissione della forza muscolare e di rigenerazione delle cellule, portando a una guarigione più lenta e a un rischio aumentato di nuove lesioni.
Anche la localizzazione del trauma gioca un ruolo essenziale: le lesioni che coinvolgono insieme tendini e muscoli hanno bisogno di tempi di recupero più lunghi rispetto alle lesioni che interessano unicamente la porzione muscolare.
Per l’alto grado di variabilità anatomica dei muscoli retto femorale, ischio-crurali, del polpaccio, del braccio e della spalla, le lesioni muscolari in queste sedi presentano segni clinici e sintomi da generali a specifico-specifici e richiedono un approccio in terapia che tenga conto delle peculiarità sia dei tendini che dei muscoli coinvolti, specialmente in presenza di retrazioni tendinee e coinvolgimento della giunzione mio-tendinea.
LE CAUSE delle lesioni muscolari non attribuibili a trauma diretto sono
Queste stesse cause possono sommarsi nell’eventualità di un trauma diretto, in un quadro clinico ancora più complesso ad eziologia multifattoriale e con recupero lungo e complicato.
I protocolli di trattamento delle lesioni muscolari acute indicano l’utilizzo della terapia locale con il ghiaccio e l’esecuzione di un esercizio fisico moderato (esercizi di mobilità o stretching) nel periodo immediatamente seguente al trauma e nei 2-3 giorni successivi.
In caso di lesioni muscolari gravi possono essere indicati ausili utili alla protezione della zona infortunata come ad esempio le stampelle per una lesione di grande entità ad un muscolo dell’arto inferiore; oppure i tutori per spalla e braccia, in caso di distorsioni e strappi muscolari in sede (il deltoide, la cuffia dei rotatori, il romboide; i muscoli bicipite, tricipite, brachiale; e via dicendo).
Per la gestione delle lesioni muscolari acute e subacute sono stati stilati svariati protocolli di intervento specialistico: negli anni ’90 il P.R.I.C.E. (Protect, Rest, Ice, Compression, Elevation),
che prevedeva 5 interventi:
P – Protezione, Protection: proteggere la zona interessata da ulteriori danni (ad esempio, con fasciature, tutori o dispositivi di supporto idonei)
R – Rest, riposo assoluto da qualsiasi forma di esercizio fisico per non danneggiare ulteriormente i muscoli ed i tendini
I – Ghiaccio, Ice (crioterapia): eseguire impacchi di ghiaccio o similari sulla zona lesionata per ridurre l’infiammazione e il dolore
C – Compressione, Compression: utilizzare bendaggi o fasciature ad azione compressiva per ridurre l’edema e il ristagno idrosalino, limitando lo stravaso dei liquidi dai vasi lesi all’interno dell’area muscolare colpita)
E – Elevazione, Elevation: mantenere la zona interessata dal danno muscolare, innalzata il più possibile (sollevando l’area lesa si riduce la pressione locale, si favorisce il drenaggio dell’essudato infiammatorio tramite la rete linfatica e si riduce l’edema)
sostituito dal 2010-2012 con il
P.O.L.I.C.E. (Protection Optimal Load Ice Compression Elevation)
sostanzialmente invariato tranne il secondo step: al posto del riposo assoluto è stato introdotto
OL – Carico Ottimale, Optimal Loading: favorire il movimento e il carico progressivo sulla zona danneggiata, evitando il riposo completo (a meno che non si renda necessario)
per arrivare oggi al protocollo P.E.A.C.E.&L.O.V.E, adottato unanimemente in seguito della pubblicazione nel 2020 sul British Journal of Sports Medicine, una delle riviste più autorevoli del settore.
Il protocollo si divide in 2 sezioni e comprende:
la fase P.E.A.C.E. (protection, elevation, avoid anti-inflammatories, compression, education) – indica il trattamento da seguire nei primi 3-5 giorni (fase acuta della lesione muscolare)
P – protection – protezione
E – elevation – mantenere la zona interessata della lesione in una posizione innalzata per favorire il riassorbimento dell’edema
A – avoid anti-inflammatories – evitare farmaci anti-infiammatori
C – compression – compressione della zona lesionata con bendaggi o fasciature idonee
E – education – educazione del paziente
la fase L.O.V.E. (load, optimism, vascularisation, exercise) – fase di recupero attivo, inizia dopo 5 giorni e prevede:
L – load – carico dei tessuti – appena i sintomi lo permettono , intervenire gradualmente con esercizi e movimenti utili per migliorare la tolleranza muscolare e la capacità di assorbire lo stress meccanico
O – optimism – ottimismo: adottare un atteggiamento propositivo aiuta ad affrontare i tempi di recupero
V – vascularisation – vascolarizzazione per promuovere il flusso sanguigno
E – exercise – esercizio fisico, definito in base al tipo di lesione e zona interessata
Già in questa prima fase di trattamento della lesione muscolare, risultano efficaci gli interventi del fisioterapista: la terapia manuale, l’educazione al dolore basata sull’approccio neuro-sensoriale, il linfodrenaggio, i bendaggi o fasciature compressivi/funzionali ed a.
Trattamento nella fase sub-acuta
Nell’approccio terapeutico per le lesioni muscolari in fase subacuta, un posto centrale lo occupa l’esercizio fisico: con attività che prevede manovre ed esercizi per controllare la contrazione muscolare, la stabilità e l’equilibrio; da effettuare in maniera graduale in step crescenti di intensità per monitorarne gli effetti.
In questa fase, oltre all’esercizio fisico, il fisioterapista interviene con manovre specifiche di terapia manuale e include anche
— l’educazione al movimento;
— eventuali massaggi per il linfodrenaggio;
— la mobilizzazione neurale – o mobilizzazione neurodinamica – la quale consiste nell’esecuzione di movimenti specifici che comportano stiramento o scorrimento su/giù e avanti/indietro dei nervi, allo scopo di ridurre l’irrigidimento e la sensazione di dolore, e di migliorare la capacità di movimento.
La terapia riabilitativa e di recupero funzionale delle lesioni muscolari prevede più step introdotti gradualmente e sotto costante monitoraggio dei progressi ottenuti.
Gli specialisti indicano come target primario la gestione conservativa della lesione; con un approccio adatto ed idoneo alla struttura anatomica coinvolta, ai margini temporali ed al tipo di sport (o lavoro) praticato.
Prima di iniziare la terapia riabilitativa, lo specialista analizza le caratteristiche anatomiche di ogni struttura lesionata e il suo rapporto con le articolazioni vicine; in seguito decide quali esercizi e manovre (specifiche per ogni zona anatomica lesionata e gruppi di muscoli) mettere in atto come procedimento riabilitativo.
A titolo di esempio, per le lesioni che coinvolgono la muscolatura degli arti superiori e / o spalla, risulta di particolare importanza introdurre in terapia un protocollo diretto al miglioramento del ROM (range of movement: indicatore dell’ampiezza del movimento) dell’articolazione della spalla, incluse la rotazione esterna ed interna; nonché esercizi mirati a rinforzare la muscolatura stabilizzatrice della scapola, soprattutto nei casi di una costante attività dell’arto superiore (per lavoro o per sport).
Nel recupero delle lesioni muscolari l’inclusione degli esercizi è sempre graduale sia di entità che di intensità e deve rispettare i limiti fisici e la tolleranza neurosensoriale del paziente.
Un esempio più specifico riguarda la riabilitazione di una lesione muscolare localizzata nel bicipite: per la quale si dovrà prendere in considerazione l’articolazione della spalla, la quale condiziona il movimento del muscolo bicipite brachiale in funzione dei gradi di elevazione gleno-omerale; è quindi opportuno includere esercizi che coinvolgano la spalla in diverse angolazioni di flessione ed estensione; nonché la prono supinazione dell’avambraccio (fonte: Fisioscience)
E’ indicato inoltre introdurre le tecniche di mobilizzazione neurodinamica: se durante l’anamnesi il paziente risulta positivo allo slump test, queste tecniche sono raccomandate come parte del programma di riabilitazione per il recupero da una lesione muscolare dell’arto inferiore (ad esempio nella lesione dei muscoli ischio-crurali, l’inclusione dello slump stretch aiuta a ridurre i tempi necessari per il ritorno all’attività fisica o lavorativa).
Lo slump test (o test di slump attivo) rappresenta la valutazione neurodinamica utilizzata in fisioterapia per indagare sul grado di sensibilità delle strutture nervose ed il collegamento con la sensazione di dolore, soprattutto per le lesioni muscolari degli arti ; in linea di massima, il test viene eseguito chiedendo al paziente di assumere posizioni che determinano tensione in zona analizzata e osservando se si presenta una sensazione dolorosa già uguale a quelle già sperimentate dal paziente.
Le strategie per prevenire le ricadute e ridurre il rischio di lesioni muscolari si basano su
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fonti essenziali
Pelizzo centro infermieristico e prelievi sas di Pelizzo Luigi e Soci.
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